ARTE ROMANA
Ercole e il centauro Nesso
Galleria degli Uffizi, Inventario Sculture, 1914, n. 77.
Inizi II secolo d.C.
Marmo docimio (parte antica); marmo lunense (parte moderna)
Altezza: mt 1,34; larghezza: mt 1,10; profondità: mt 1,20.
Dimensioni della parte antica: altezza mt 1,00; profondità mt 1,18.
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Il gruppo di Eracle che abbatte il centauro Nesso (inv. 1914, n. 77) costituisce il fuoco visivo del primo corridoio e rappresenta uno degli esempi più significativi di integrazione dell’antico attribuibili a Giovanni Caccini (1565-1613), celebre scultore toscano ricordato per la sua attività a Palazzo Vecchio, nella Chiesa di Santo Spirito e nel giardino di Boboli.
Il restauro del gruppo di Ercole e Nesso, eseguito nell’arco di quattro mesi e condotto in modo magistrale da Paola Rosa, è stato un intervento di notevole impegno e interesse divenuto opportunità di studio e di comprensione dell’opera attraverso indagini conoscitive unite a sensibilità e rispetto nei confronti di essa.
L’intervento è stato meticolosamente documentato in ogni sua fase e nei dettagli di lavorazione che caratterizzano l’opera mediante un’accurata e peculiare campagna fotografica. Inizialmente, si è reso indispensabile eseguire una minuziosa mappatura che evidenziasse le parti originali ricomposte, da quelle integrate nei restauri cinquecenteschi. Fondamentale è stato il supporto delle fonti documentarie conosciute e quello delle indagini diagnostiche, mirate alla caratterizzazione di alcuni frammenti marmorei. Le indagini mineralogico-petrografiche eseguite hanno svelato l’origine dei marmi: marmo Docimio per la parte antica e marmo di Carrara per la figura di Ercole moderna. L’attenta osservazione delle integrazioni ha permesso di distinguere due fasi di restauro avvenute sull’opera: una di ricomposizione dei frammenti originali eseguita a Roma da tale maestro Silla con l’aggiunta del pilastrino centrale di sostegno e dei puntelli sotto le quattro zampe, l’altra effettuata a Firenze da Giovanni Caccini relativa alla vera e propria fase integrativa che riguarda la figura di Ercole, la parte superiore del centauro, le braccia, alcune parti delle zampe e la coda. Sicuramente il primo intervento romano, eseguito sui frammenti ritrovati del centauro, ne ha bloccato la postura restituendola più schiacciata e compressa, condizionando notevolmente il secondo intervento fiorentino, che ha visto Caccini esprimersi con soluzioni scultoree complesse e artificiose. Interessante è stato individuare sulla superficie della base, aiutati dalla luce radente, le numerose tracce di una profonda rilavorazione, che ha permesso una ricostruzione più fedele di quello che doveva essere l’aspetto originale del gruppo. Al momento del restauro il gruppo scultoreo aveva un aspetto sordo e di colorazione piuttosto scura dovuto alla presenza di abbondanti depositi di polvere e sporco superficiale associati a vecchie cere di manutenzione che celavano graffi, abrasioni e residui di scavo, in contrasto con i numerosi sottosquadri più chiari e aridi.
Dopo alcuni saggi preliminari, è stata affrontata la pulitura, differenziandola da zona a zona, mediante l’impiego localizzato di ripetuti tamponi di cotone imbevuti di acqua deionizzata alternati con white spirit. Difficile è stato trovare l’equilibrio cromatico tra la parte antica, la cui “pelle” era segnata dalla corrosione e dai residui di scavo, e quella moderna di Ercole e della parte superiore del Centauro, con la “pelle” più levigata e, ormai irreversibilmente, macchiata da olii essiccativi utilizzati per patinare il marmo nuovo. Le vecchie stuccature eseguite sottolivello tra le parti ricomposte e quelle integrate e i residui di resina colofonia, impiegata negli antichi incollaggi, sono stati rimossi manualmente con il bisturi. Tutte le stuccature sono state rifatte con uno stucco a base di cristalli minerali ad imitazione del modellato della superficie originale ed in seguito mimetizzati con un meticoloso ritocco pittorico condotto con colori a vernice. Lo scopo era quello di ridare unitarietà all’intero gruppo cercando di raggiungere sia un equilibrio cromatico che una levigatura superficiale soddisfacenti tra le parti originali ricomposte e quelle integrate per migliorare la lettura estetica dell’opera.
Rilievo funerario con i busti di due coniugi Inv. 1914 n. 78
Età tardo-augustea Marmo italico
Altezza: 0,61 m: larghezza: 0,86 m
Il rilievo rappresenta le effigi di una coppia di coniugi destinato ad essere inserito in un monumento sepolcrale. Provenienza e vicende del rilievo sono ignote. L’opera, non essendo presente negli inventari precedenti al 1753, sembra essere entrata in Galleria a partire dal 1769, quando per la prima volta è ricordata negli inventari del museo. Attualmente il rilievo è collocato nel Primo Corridoio della Galleria.
Il rilievo, proveniente dal Ricetto delle Iscrizioni, è associato fin dal 1780 circa al gruppo scultoreo di Ercole e il Centauro, dapprima inserito in un basamento ligneo e poi in quello che vediamo attualmente in marmo portasanta. Già restaurato una ventina di anni fa, il rilievo ha comunque rivelato nell’ultimo intervento alcuni dettagli che hanno contribuito ad arricchirne la conoscenza e la storia. Offuscata da un abbondante deposito di sporco superficiale, associato a cera e polvere, che conferiva all’opera un aspetto sordo e di colore scuro, la superficie presentava ancora numerosi residui di scavo, abrasioni e piccole lacune. Durante l’intervento di pulitura, eseguito con tamponature localizzate di acqua deionizzata alternate a white spirit, sono venute alla luce tracce di colore blu egizio sullo sfondo e soprattutto l’impronta delle iridi degli occhi di entrambe le figure. La cornice del basamento che si sovrappone al rilievo in modo asimmetrico celando parzialmente sul lato destro la decorazione con foglie d’alloro, era stuccata su tre lati con uno stucco rosso scuro a base cerosa, duro e debordante, ad imitazione del marmo portasanta. Per liberare il modellato dallo stucco rosso è stato necessario rimuoverlo meccanicamente con bisturi aiutandosi con tamponature di alcol isopropilico e acetone per ammorbidirlo. Ricavato da una lastra di marmo italico molto venato, il rilievo è in ottimo stato di conservazione, tuttavia sono di restauro moderno le integrazioni delle estremità dei nasi delle due figure e di una parte della cornice a destra, tutte incollate con resina colofonia. Le vecchie stuccature eseguite sottolivello sono state rimosse e rifatte con uno stucco a base di cristalli minerali ad imitazione del modellato della superficie originale ed in seguito mimetizzate con un minuzioso ritocco pittorico, eseguito anche su alcune zone troppo chiare per rendere più equilibrata la lettura delle superifici. Molto interessante è stato anche il ritrovamento di due fori circolari, stuccati con gesso, ai lati di ciascun volto, che probabilmente servivano per accogliere due coroncine in metallo, presumibilmente in bronzo dorato, che dovevano essere adagiate sui capelli, come testimoniato dal solco e dalla lavorazione non finita sulla sommità della testa. I fori, liberati dal gesso, sono stati ristuccati leggermente sottolivello in modo da evidenziarne comunque la presenza.